LOGOS DI GIORGIO PICCAIA A VENEZIA
Testo di Claudio Bonvecchio sull’installazione dì Piccaia nei giardini dell’Arsenale di Venezia ((Spazio Thetis)
Il Logos è la pietra fondativa su cui si regge l’intera creazione: non a caso l’inizio del Vangelo Giovanneo ha la sua perfetta corrispondenza nell’inizio del testo biblico: “Bereshit (o Barishonà) barà Elo-him”ossia “All’inizio, Dio creò”. Creare è costruire e costruire è un atto divino, in cui il disegno creativo diventa visibile: la pietra rimane pietra ma, nel contempo, diventa visibile. La creazione si rivela per quello che è. Se la pietra non fosse visibile, l’uomo non potrebbe comprendere la creazione e neppure potrebbe farne parte. Ma chi rende visibile la pietra? Non è l’artefice materiale perché è troppo impegnato a costruire e questo gli impedisce di rendere visibile la pietra o, meglio, le diverse pietre della costruzione: costruzione del mondo e costruzione dell’uomo. Solo l’artista, il musicista, il poeta o il filosofo possono rendere visibile la pietra. Nello specifico, Giorgio Piccaia ha voluto – impresa spiritualmente titanica – rendere visibile la pietra con un gioco plastico. Un gioco spirituale, dove la materia (i cubi) diventano visibili nella pietra invisibile (il cubo di plexiglas): nella pietra spirituale. Ma questo è possibile solo perché la materia è visibile su di un cubo spirituale: rappresentato dal plexiglas su cui poggiano. Fuor di metafora, Piccaia vuol dire che senza la spiritualità – la dimensione spirituale, qualunque essa sia – la materia sola non è in grado di far comprendere il suo vero significato: quello in cui si manifesta la divinità e l’umanità. E viceversa. Infatti, senza la materia (i cubi materiali), lo spirituale (i cubi di plexiglas) non vorrebbero dire nulla: sarebbero invisibili. Così la materia necessita dello spirito e lo spirito della materia. Allo stesso modo, l’uomo si può comprendere come spirituale nella materia e materiale nello spirituale: questo è l’insegnamento, magistrale, dell’opera di Giorgio Piccaia.
(Claudio Bonvecchio)
Il Logos è la pietra fondativa su cui si regge l’intera creazione: non a caso l’inizio del Vangelo Giovanneo ha la sua perfetta corrispondenza nell’inizio del testo biblico: “Bereshit (o Barishonà) barà Elo-him”ossia “All’inizio, Dio creò”. Creare è costruire e costruire è un atto divino, in cui il disegno creativo diventa visibile: la pietra rimane pietra ma, nel contempo, diventa visibile. La creazione si rivela per quello che è. Se la pietra non fosse visibile, l’uomo non potrebbe comprendere la creazione e neppure potrebbe farne parte. Ma chi rende visibile la pietra? Non è l’artefice materiale perché è troppo impegnato a costruire e questo gli impedisce di rendere visibile la pietra o, meglio, le diverse pietre della costruzione: costruzione del mondo e costruzione dell’uomo. Solo l’artista, il musicista, il poeta o il filosofo possono rendere visibile la pietra. Nello specifico, Giorgio Piccaia ha voluto – impresa spiritualmente titanica – rendere visibile la pietra con un gioco plastico. Un gioco spirituale, dove la materia (i cubi) diventano visibili nella pietra invisibile (il cubo di plexiglas): nella pietra spirituale. Ma questo è possibile solo perché la materia è visibile su di un cubo spirituale: rappresentato dal plexiglas su cui poggiano. Fuor di metafora, Piccaia vuol dire che senza la spiritualità – la dimensione spirituale, qualunque essa sia – la materia sola non è in grado di far comprendere il suo vero significato: quello in cui si manifesta la divinità e l’umanità. E viceversa. Infatti, senza la materia (i cubi materiali), lo spirituale (i cubi di plexiglas) non vorrebbero dire nulla: sarebbero invisibili. Così la materia necessita dello spirito e lo spirito della materia. Allo stesso modo, l’uomo si può comprendere come spirituale nella materia e materiale nello spirituale: questo è l’insegnamento, magistrale, dell’opera di Giorgio Piccaia.
(Claudio Bonvecchio)
L’opera di Giorgio Piccaia dal titolo Logos del 2019 è composta da cinque ceramiche e due cubi di plexiglas. Posata durante la Biennale di Venezia, rimarrà in mostra per dieci anni davanti al padiglione Modelli nei Giardini di Spazio Thetis dell’Arsenale Novissimo (Fermata Baccini).
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